domenica 30 dicembre 2012

e parliamo di islamofobia

Vediamo le statistiche riportate sul sito dell'FBI.
Nel 2010 ci sono stati in USA 160 episodi di islamofobia. Nel 2011 ce ne sono stati 157.
Qualsiasi persona sensata parlerebbe di diminuzione.
Certo, e' sempre possibile immaginare che, visto che e' in corso un pogrom anti-islamico su scala universale, le migliaia di musulmani massacrati ogni giorno dai propri vicini ebrei e cristiani, abbiano il terrore di uscire di casa per andare a denunciare l'episodio alla polizia. 
Un terrore che non sembra essere condiviso dagli afroamericani e dagli ispanici, che non si fanno problemi a denunciare i molti hate crimes di cui loro sono vittima ogni anno (rispettivamente: piu' di duemila e piu' di cinquecento).
Insomma, al netto delle cazzate che si dicono e si scrivono in internet, dove si scrivono e si dicono molte cazzate anche contro gli evangelici e gli atei, sembra che l'allarme islamofobia sia ampiamente ingiustificato. E questa dovrebbe essere una buona notizia. 
Temo invece che non lo sara' per chi continua a credere che i musulmani siano i nuovi ebrei, e gli israeliani i nuovi nazisti. Un bizzarro cocktail vagamente religioso ammanito ogni giorno da autorevoli opinionisti atei (che detestano che gli ebrei abbiano uno Stato)
Ah, per inciso: gli hate crimes contro gli ebrei sono stati 887 nel 2010 e 771 nel 2011. Una diminuzione, certo. Ma non proprio una buona notizia. Gli ebrei infatti sono molto meno dei musulmani: negli USA ci sono probabilmente 6.7 milioni di musulmani e 5 milioni di ebrei. Ma, a quanto pare, gli USA sono un posto molto piu' sicuro per i musulmani che per gli ebrei.
Se siete di quelli che il razzismo e' razzismo e vi vantate di non fare distinzioni basate sulla fede religiosa o l'etnia delle vittime, questa dovrebbe essere una materia su cui riflettere.

domenica 23 dicembre 2012

Also spracht Bidustra - 03

Le parole hanno significati. Alcune di esse destano anche sensazioni. La parola “comunità” rientra tra queste. Comunità è intesa come “luogo caldo”, intimo, confortevole, caratterizzato da reciproca comprensione. Non sono sicuro che sia proprio così, ma diciamo che c’è un desiderio che sia così. [= sto cercando di riscrivere il vocabulario, ma sono arrivato solo alla lettera C]
  Alcuni anni fa il sociologo Zygmunt Bauman  [= per il catalogo della biblioteca sono messo ancora peggio, sono alla lettera B ] riflettendo sulla dimensione della comunità come desiderio (“Voglia di comunità”, Laterza, Roma–Bari 2001, p. 6) non ha mancato di richiamare la nostra attenzione proponendo di distinguere tra la comunità dei nostri sogni e ciò che chiama la ‘comunità realmente esistente’ specificando come con questo termine sia da intendere “una collettività che pretende di essere la comunità incarnata e che a partire da questa convinzione esige una lealtà incondizionata in cui qualsiasi altro atteggiamento è percepito come un imperdonabile atto di tradimento". “La ‘comunità realmente esistente’ – prosegue Bauman – qualora ce ne trovassimo partecipi, reclamerebbe ubbidienza assoluta in cambio dei servizi erogati o che promette di erogare”. E perciò si chiede: “Desideri la sicurezza? Cedi la tua libertà, o quanto meno buona parte di essa. Desideri la tranquillità? Non fidarti di nessuno al di fuori della comunità. Desideri la reciproca comprensione? Non parlare con gli estranei e non usare lingue straniere. Desideri provare questa piacevole sensazione di intimo ambiente familiare? Istalla un allarme alla porta e un sistema di telecamere nel giardino. Desideri l’incolumità? Non far entrare estranei ed evita a tua volta comportamenti strani e pensieri bizzarri. Desideri calore? Non avvicinarti alle finestre e non osare mai aprirne una”. E termina: “Il problema è che se si segue questo consiglio e si tengono le finestre chiuse, l’aria all’interno diventa ben presto stantia e alla fine irrespirabile”.
  E pertanto: sionisti revisionisti e religiosi, Reform, Massorti e Liberal, levatevi dalle palle che mi appestate l'aria, lo dice anche Bauman.

venerdì 21 dicembre 2012

Facendo un paio di conti, ho scoperto di aver studiato, lavorato e abitato a Milano, per una buona ventina di anni. Milano e' stata per me tante cose: l'Universita' (laurea, dottorato ecc.), l'impegno politico con anarchici e radicali, la fondazione di Lev Chadash, la prima sinagoga Reform, dove e' iniziata quella avventura che sto vivendo ancora adesso.
 Ma non ho mai amato Milano. La ho sempre trovata canagliesca e volgare, schiacchiata tra due diverse arroganze, quella della destra vincente e quella della sinistra sempre piu' snob ed elitaria. Milano e' una di quelle citta' che chi ci vive cerca sempre di andarsene da un'altra parte. Ed in effetti, facendo i conti, tutti gli amici con cui mi sono trovato meglio, ora vivono da un'altra parte. 
Detto questo, a Milano ci ho vissuto. C'e' un tipo di luce, o forse degli odori (nulla di piacevole, sia chiaro) che me la rendevano riconoscibile.  E Milano ha anche una sua colonna sonora. Non parlo solo del traffico, e nemmeno dell'accento dei milanesi. La Milano in cui sono cresciuto aveva una sua scena musicale, e non era nemmeno male. E poi c'era l'onnipresente Radiopopolare.
Radiopopolare e' una di quelle cose che, appunto, come Milano, magari la odi e ti ci incazzi, ma comunque non riesci a spengere, perche' riconosci le voci dei conduttori, e sai che si tratta di gente seria. Con enormi paraocchi ideologici e generazionali, certo. Ma la mancanza di quelle voci che ti raccontano la citta', e con molta ambizione persino il mondo, tu la senti. Mi diceva un conoscente milanese che adesso sta in California che, piu' o meno un paio di volte alla settimana lui cerca di ascoltare il notiziario di Radiopopolare, anche se sa che non sara' d'accordo e che da dove vede le cose lui, l'America e' molto diversa. Eppero' non se ne sa staccare.
Tra le trasmissioni di Radiopopolare io ho amato moltissimo La caccia: caccia all'ideologico quotidiano I conduttori erano due persone colte ed indipendenti, Felice Accame e Carlo Oliva, che cercavano di individuare i condizionamenti ideologici nelle pieghe del quotidiano, e ne svolgevano una critica puntuale, con uno stile erudito e feroce. Trovate i testi delle trasmissioni qui, e se avete voglia di leggere vi consiglio di spegnere la radio e concentrarvi nella lettura, non sono testi facili, ma sono sempre azzeccati. Accame ed Oliva hanno pubblicato pure un libro assieme e i loro nomi figurano tra i collaboratori di A Rivista anarchica. Come siano approdati da Lotta Continua agli anarchici non lo so, ma non credo sia poi cosi' importante, ormai.
Carlo Oliva e' morto lo scorso settembre, e io sono riuscito a saperlo solo ora. Avendo un poco di tempo a disposizione, mi era venuta la curiosita' di ascoltare qualche puntata de La Caccia, e ... niente, dopo un paio di click mi e' preso un magone infinito. Ho passato qualche ora a leggerne i necrologi, ho scoperto che amici ed avversari ne avevano uguale stima, e poi ho cercato una specie di testamento. Non sono riuscito a trovarlo, pero' ho trovato questo scritto, che e' probabilmente uno dei suoi ultimi. E che dedico a chi vuole votare PD. 
Io votero' altro.


LE PROPORZIONI IDEOLOGICHE DEL CAPPUCCINO 
di Carlo Oliva
Rivendicare le radici liberal-socialiste del Partito Democratico fa fino e aiuta nel rafforzarne l’immagine. Peccato che nessuno dei pensatori di quel filone abbia mai avuto niente a che fare né con il PCI né con la DC, i due partiti alle origini del PD.

Secondo Eugenio Scalfari, che ne ha scritto in uno dei raffinati elzeviri che pubblica ogni due settimane sull’“Espresso” (Cappuccino democratico, 15 marzo 2012), il Partito democratico è un po’ come un cappuccino, nel senso che è composto da due elementi da nessuno dei quali si può prescindere per la definizione dell’insieme. In effetti, omettendo il latte in quella bevanda ci resta solo un caffè e senza il caffè non si ottiene altro che latte, e allo stesso modo le componenti ex Ds ed ex Margherita sono essenziali per quel partito e solo dalla loro combinazione può sprigionarsi quel tipico aroma salvifico in cui il fondatore di “Repubblica” e buona parte dei suoi lettori confidano.
L’argomento, almeno per quanto si riferisce alla ricetta del cappuccino, è al di là di ogni possibile contestazione, anche se da uno dei più venerati maitres à pénser del giornalismo italiano ci si penserebbe autorizzati ad aspettarsi qualcosa di più. Ma in realtà Scalfari vuol dire che nessuna delle due componenti può arrogarsi un diritto di veto nei confronti dell’altra minacciando una nuova separazione e ne approfitta per esprimere la propria preferenza per un cappuccino dal sapore, diciamo così, più carico, quale lo si otterrebbe se nella formazione confluisse anche il gruppo di Vendola. L’operazione, a suo dire, rafforzerebbe il carattere liberalsocialista del partito e porrebbe le premesse per la definitiva realizzazione di quelle riforme di cui tanto il paese abbisogna.

Nemmeno un comunista o democristiano
Personalmente, su questo esito avrei qualche dubbio. Come avrei qualche perplessità sulla disinvoltura con cui, non solo da parte di Scalfari, si tende oggi ad appropriarsi del termine “liberalsocialismo”, una espressione coniata verso la metà degli anni ‘30 del secolo scorso da Carlo Rosselli per definire un programma politico e ideale che non avrebbe avuto, nei decenni successivi, una particolare fortuna. Ma a quella tradizione Scalfari è sempre stato legato e nessuno può contestargli il diritto di auspicare una sua rinascita. Anche il liberalsocialismo, nella visione rosselliana, era la sommatoria di due componenti eterogenee ma imprescindibili, quella socialista e quella liberale, ciascuna delle quali avrebbe vivificato l’altra con il proprio sistema di valori e ne avrebbe emendato i difetti. Detta così, la prospettiva può sembrare un po’ meccanica e in effetti il pensiero di Rosselli prevedeva qualche mediazione in più (aveva , in particolare, delle accentuazioni libertarie che forse potrebbero interessare ai lettori di questa rivista), ma in questi casi quel che conta è farsi capire e accontentiamoci pure.
C’è una cosa, piuttosto, che non capisco io. Scalfari, che era presente, rievoca la “lunga giornata” in cui, al Lingotto di Torino, fu fondato il nuovo partito, e ne ricorda quelli che a suo avviso ne rappresentavano i precedenti culturali e politici nella storia d’Italia. “Mi vennero in mente” scrive “Turati, Gobetti, il socialismo riformista dei fratelli Rosselli, il liberalsocialismo di Guido Calogero e infine Norberto Bobbio, Piero Calamandrei e Galante Garrone. Queste furono le patenti nobili del riformismo italiano che … segnò una traccia profonda nella cultura politica italiana … e che a mio avviso … dovrebbe rappresentare l’identità profonda del partito democratico.” Il che è ben detto ma un po’ strano perché, Turati a parte, nessuno dei nomi citati può essere ricondotto alla tradizione da cui provenivano i Ds, né tanto meno a quella della Margherita.
Nessuno di quei rispettabili signori era di scuola marxista o credeva nella dottrina sociale della Chiesa, come a dire, esprimendosi rozzamente, che non aveva nulla a che fare né con il Partito comunista né con la Democrazia cristiana, e tutti, in effetti, vissero gli sviluppi della politica italiana del dopoguerra in una posizione isolata e minoritaria, raccogliendo da parte dei militanti e dei dirigenti di quei partiti di massa e dei loro satelliti e alleati una certa indifferenza ostile e superciliosa, temperata al massimo da qualche rara e occasionale attestazione di stima.

 Maionese impazzita
Ma erano tutti dei rigoristi, secondo la miglior tradizione giacobina, e non cercavano quel tipo di consenso che si ottiene rinunciando ai propri valori di fondo. In particolare, essendo tutti, per una quantità di motivi su cui non possiamo soffermarci adesso, assertori convinti del punto di vista laico, avrebbero considerata bizzarra l’idea per cui una forza politica di sinistra avrebbe avuto qualche prospettiva di successo solo a condizione di accogliere nel proprio interno una componente ex democristiana. È probabile che se avessero sentito esprimere l’ipotesi, da esponenti quali erano di un’era prebasagliana, avrebbero invocato a gran voce la cella imbottita e la camicia di forza.
Insomma, non tutte le mescolanze sono paragonabili tra loro e chi pensasse che, in fondo, il cappuccino e il martini, in quanto entrambi composti dalla fusione di due elementi, siano la stessa cosa potrebbe subire qualche amaro disinganno. Più che di petizioni di principio e di padri nobili – che, naturalmente, ciascuno è libero di attribuirsi a piacere, tanto a chi volete che importi? – la democrazia italiana ha bisogno di riforme politiche e di attenzione ai diritti civili.
E quanto a questo, l’amalgama su cui si fonda il Partito democratico non è forse il più propizio: pensate a tutto il canaio che succede ogni volta che entrano in ballo le questioni cosiddette “di coscienza” e aspettate a vedere, per esempio, cosa succederà dopo la recente pronuncia della Cassazione sul matrimonio gay e vi renderete conto che quella organizzazione, più che a un cappuccino, rischia di somigliare a una maionese impazzita.
 Carlo Oliva

domenica 16 dicembre 2012

Also sprach Bidustra - 02

Dopo la strage di Newtown, nel Connecticut, qualcuno ha aperto una “caccia all’autistico”, [la caccia all'autistico non la ha aperta nessuno ma mi serviva un incipit] convinto che occorra sempre un “capo espiatorio” [e il migliore inizio e' sempre indicare qualcuno che ci ha le opinioni sbagliate e barbare]. Sarebbe più ovvio [dopo aver chiarito che ci sono delle teste di cazzo, io posso rifulgere passando per ovvia la mia intelligenza] concentrarsi sul fatto che ciò che è avvenuto è stato fatto da qualcuno che è parte organica della comunità. Come capita spesso il male non è “straniero”. Non c’è da guardarsi dal male in sé, ma dal male che sta dentro ciascuno di noi [Tranne dentro di me, che sto dalla parte giusta]. E’ il dato più difficile con cui confrontarsi e da assimilare [Dovete stare quindi a sentire me, che vi indico dove sta il male, e cioe' in fondo a destra, la' tra Jabotinsky e Pannella]. Non solo a Newtown. [capito mi avete?]

domenica 9 dicembre 2012

Also sprach Bidustra - 01

Inauguro qui una serie di post che serviranno a rendere comprensibile alle masse l'affascinante pensiero del faro intellettuale dell'ebraismo italiano. Iniziamo dal suo importante contributo a Moked di oggi. 

"Cresce la domanda e l’offerta di sapere nel mondo ebraico. E’ un buon segno. A me sembra che siano da adottare diversi angoli prospettici. [= Tra un poco inizia Limmud e sto cercando le scuse per non andarci]. Da una parte sta una dimensione del sapere o del fare, e dunque delle regole, dall’altra una “del vivere” dove conta ciò che gli ebrei hanno fatto nella storia concreta. [= In effetti e' meglio restarsene in Italia e prepararsi alla campagna elettorale, que viva Bersani]. Ovvero ciò che sono stati nello “scorrere del tempo”. [= Tutto cio' che di buono gli ebrei lo potevano fare, e' gia' stato fatto, e nel 1948, anzi nel 1977 la storia e' finita] In questo secondo caso ciò che occorre mettere a tema è l’esperienza vissuta [= Consideriamo, come dice Marx, non l'ebreo dello Shabbat, ma lo strozzino che dal ghetto di Francoforte controlla l'economia mondiale] che non è solo, né spesso prevalentemente, traduzione pratica di regole, ma, appunto, “storia dell’agire nel tempo” [= Ogni volta che gli ebrei hanno fatto qualcosa di buono e' stato contro quello stupido ammasso di vetuste regole religiose che va sotto il nome di ebraismo anteBidussa]. Il che significa che accanto alla dimensione ideale o culturale noi dobbiamo essere in grado di porre l’ebreo reale. [= Quindi, dicesi "ebreo reale" solo colui che milita a sinistra in Israele o preferibilmente anche in Italia"] Più precisamente un ebreo nella storia. Da questo punto di vista Yosef Hayim Yerushalmi avrebbe molto da dirci. [Sto preparando la prefazione a un altro libro, una ideale strenna natalizia per i vostri amici non ebrei che stanno nella storia e da cui dobbiamo imparare. Altro che Limmud.]"

giovedì 6 dicembre 2012


Io trovo divertenti quelli di Mondoweiss.

Sognano intensamente il momento in cui gli ebrei americani diventeranno ostili ad Israele. Lo sognano talmente tanto da vedere indizi anche dove non ci sono.  Scrivevano entusiasti due giorni orsono:

Let’s congratulate the Rabbis and lay leaders of Congregation B’nai Jeshurun in New York City for their email giving a thumbs up for the United Nations vote on Palestine. 
e
the New York Times devoted a lengthy article on its front page to the fact that leaders of B'nai Jeshurun, a legendary liberal synagogue on the Upper West Side with Zionist commitment, sent out an email applauding Palestine's new nonmember state status

ed ecco, oggi, la doccia fredda:

Prominent NY synagogue’s rabbis regret email that supported UN vote

Poverini, loro ci credono veramente Nelle loro fantasie si apre prima un dibattito di massa le cui conclusioni sono gia' scritte, ovvero che il sionismo e' inutile per gli ebrei e pericoloso per il mondo.

Americans have a right to know why so many American Jews believe in the need for Israel at a time when this concept is warping our foreign policy  [il problema e' che] The acknowledgment of Jewish prominence in the Establishment, and of the power of Zionism, would make a lot of Jews uncomfortable, so the conversation is verboten

Capite? Se non fosse per via di questo controllo sionista dei media, sarebbe gia' iniziata la  campagna di massa che portera' ad isolare Israele, aprendo la strada a uno Stato unico.

Purtroppo il momento e' di nuovo rinviato.

Se vogliono, quelli di Mondoweiss possono consolarsi con il ricordo di una vera campagna di massa che porto' gli ebrei americani ad influire sulla politica di Washington e su quella mondiale. Ma sono pagine di cui parlano malvolentieri. E si' che oggi e' anche un anniversario.

How We Freed Soviet Jewry. Twenty-five years ago today, a rally of 250,000 people changed the fate of Jews worldwide.



martedì 4 dicembre 2012

Per via della influenza galoppante, ieri ho lasciato a meta' il post, ed ecco qui -quindi- la seconda parte. 

Riconosco pezzi del nahum che potevo essere, e che per fortuna non sono diventato, dentro persone che, come me, hanno un passato universitario ed attualmente (al contrario di me) dentro le facolta' umanistiche italiane o nel sottobosco editoriale. 

Riconosco i memi, gli automatismi, che fanno parte della loro visione del mondo. Uno e' quello degli ipposti estremismi. Ci sono fondamentalisti islamici che massacrano i cristiani? Bhe, da qualche altra parte ci devono essere fondamentalisti cristiani ugualmente pericolosi. E se non ci sono in realta', l'intellettuale te li trova in potenza (viene alla mente il personaggio di Don Ferrante....)

Questo significa mettere sullo stesso piano un gruppo di esaltati della Bible Belt e l'esercito dei talebani. E' una offesa al buon senso ed alle vittime, ma soddisfa il bilancino interiore dell'intellettuale italico, che come Don Ferrante se ne va a letto, certo che la peste islamista non lo tocchera'. Intanto i suoi colleghi di lingua araba vengono sbudellati in Medio Oriente, e allegri tutti che e' primavera. 

Non e' che l'intellettuale italiano sia un adepto dell'islamo-marxismo alla George Galloway. Quelli sono i suoi colleghi inglesi, che lavorano in facolta' lautamente sponsorizzate dai despoti arabi. In Italia quei soldi non arrivano. E non c'e' nemmeno il senso di colpa post-coloniale che impedisce agli intellettuali inglesi di riconoscere vessazioni delle donne quando ci sono vessazioni delle donne, se le donne vessate e gli aguzzini hanno la pelle piu' scura della loro. No, in Italia domina  piuttosto questo riflesso condizionato a cercare sempre il bilanciamento, non tanto per giustificare l'islamismo, ma per  giustificare la propria apatia, il proprio starsene fuori da ogni disputa, e continuare a elargire perle di sapienza tardo-marxista. 

Questo atteggiamento si basa sulla convinzione (roba simile a una setta religiosa, in effetti) di conoscere in che direzione evolvera', o dovrebbe evolvere la storia - non verso una societa' senza classi, ma verso un mondo senza appartenenze, o meglio in cui l'appartenenza alla classe degli intellettuali dara' il diritto di dettare legge sulla vita degli altri, i rozzi, i primitivi ed i tribali. 

Tale e tanta e' la presunzione di conoscere le regole del gioco, che gli intellettuali di sinistra si nominano arbitri elegantiarum di quel che circola nel campo avverso. "Questa destra e' caciarona ed impresentabile". Perche', se avessero un eloquio piu' forbito, tu li voteresti? "Questo governo israeliano e' criminale" Perche',. ce ne e' mai stato uno, di governo israeliano, che ti andasse bene? 

Vorrei che sia chiaro, parlo per esperienza diretta, queste sono robe che ho detto e scritto anche io. Anche io ho gioito quando Montanelli si e' unito al campo anti-berlusconiano, tutto ad un tratto il Sor Cilindro, era diventato un eroe, esponente di una destra presentabile lungamente cercata. Ma dove? Ma quando? La si era cercata? Erano domande che nemmeno mi passavano per la testa. Me le faccio ora, che da quel campo sono fuori, e che mi lambicco su come e perche' il Pirke Avot ti consiglia di non stare troppo vicino ai rashaa, termine ebraico che solo superficialmente si traduce come "malvagi". In realta', termine centrale nella storia di Korah, che sta nel libro dei Numeri e che racconta di questo capopopolo che monta una ribellione contro Mose', e il Midrash spiega che se ne andava a raccontare di conoscere meglio di tutti in che direzione stava evolvendo la storia (perche'? Beh, perche' lui apparteneva alla casta degli eruditi). 

Qualcuno, non mi ricordo piu' chi, ha detto che con la caduta del muro di Berlino, l'idea di una societa' senza classi, si e' fatta nubolosa, e' stata spinta nel regno dei sogni, mentre prima sembrava dietro l'angolo, anche ai comunisti che di sovietico avevano poco (un genere di comunisti sovra-rappresentato nelle facolta' umanistiche italiane). E tra i detriti della Guerra Fredda, anche a generazioni di distanza, ci sono pure gli intellettuali italiani, allievi degli allievi di professori comunisti, che girano tra dipartimenti e seminari, con poco tempo per gli studenti e molto per raccontare all'universo mondo che hanno ragione loro. 

Ora, il poco tempo per gli studenti  e' una schifezza. Ho studiato in un college americano e in una universita' inglese, il docente c'e' sempre, nell'orario di ricevimento o eventualmente su skype. Gli esami sono scritti e il docente legge e corregge le due versioni del tuo elaborato. Altro che i venti minuti in cui io chiedevo qualcosa, tratto da un libro per le scuole superiori, sulla pace di Lodi (e/o sulla Riforma anglicana), qualcosa sulla crisi del seicento, qualcosa sulla rivoluzione francese (e/o illuminismo; e/o rivoluzione americana) prima di far passare lo studente alla seconda parte, dove il voto veniva comunque tirato su di un paio di punti, perche' senno' (oh grazie, riforma Berlinguer) si vanno a iscrivere in una altra universita', a venti km da qui. 

Fosse per me, lo dicevo allora e lo ripeto qui, lo studente dovrebbe presentare un elaborato di una decina di pagine su un argomento a caso tra quelli sopra, compreso un paragrafo di storia locale (la crisi del seicento nel mantovano; la riforma anglicana nel pensiero degli esuli italiani; la rivoluzione americana e gli illuministi milanesi) e il professore o uno dei numerosi assistenti dovrebbe accompagnare lo studente in biblioteca, qui ci sono i testi piu' importanti, questa che vede in fondo e' la bibliografia, quelle sono le riviste, ci vediamo tra due settimane e buon lavoro. Si eviterebbe il panico da pagina bianca che prende gli studenti quando iniziano a scrivere la tesi. Ma per arrivare a quel punto, dovresti levare dalle ambizioni dei docenti italiani la aspirazione a spiegare TUTTA la storia, che li ha portati a scegliere e spesso a scrivere quel sussidiario (che non si vende piu' alle superiori ma all'universita' ha ancora mercato). 

E cosi', mentre la fine del comunismo ha allargato a dismisura l'ego degli intellettuali italiani, e' successo che e' andata perduta la parte piu' importante del loro profilo. Gli intellettuali italiani non hanno piu' capacita' di introspezione. Potete dire quel che volete sulla psicoanalisi, resta secondo me un formidabile strumento di lettura di te e delle tue opinioni e passioni, ti isegna che se reagisci in un dato modo a una data persona, e' perche' tu e quella persona avete qualcosa in comune. Fateci caso, gli intellettuali italiani hanno abbandonato la psicoanalisi. Hanno abbandonato, in genere, la attitudine a considerare se' stessi con spirito critico, a riconoscere quelle parti del proprio pensiero che provengono da ideologie ed educazione, o condizione di classe se vi piace il marxismo. Continuano pero' a sentenziare sul mondo, pensando che il mondo prima o poi dara' ragione a loro, perche' loro hanno ragione. 

Come sono contento di esserne lontano. 


Mi sono trovato a dover spiegare  a una mia conoscenza cosa non va nella Universita' italiana e perche' sono contento di starne lontano (dopo dottorato, postdottorato ecc.). Copincollo, con qualche aggiunta

Come in ogni Paese del mondo, nella Universita' italiana si entra se hai un maestro, ovvero se la tua tesi e' piaciuta a qualche luminare, che decide di coltivare il tuo talento promettendoti che prima o poi ti arrivera' uno stipendio e facendoti entrare in qualche programma di dottorato. Dove qualcosa cominci a guadagnare: nel mondo dei sogni, in cui vengono premiati i capaci e meritevoli, guadagni poco meno di un insegnante di scuola superiore senza scatti di anzianita'; ti va bene e ti basta, perche' hai passione, perche' vedi un qualche posto in un futuro e perche' la fidanzata, se ce la hai, e' molto paziente. Fin qui, nulla di scandaloso. Nulla di scandaloso, voglio dire, nel dipendere dalle ubbie di un luminare, che magari lascia per strada persone intelligenti ma antipatiche (a lui). La ricerca scientifica e' fatta anche di relazioni personali.

Il problema e' cosa succede una volta varcata quella soglia, nel percorso che porta alla cattedra e allo stipendio. Idealmente parlando dovrebbe essere un percorso senza interruzioni. In Italia si va in cattedra tramite concorsi, e ai concorsi conta il punteggio che hai accumulato: in base a quel punteggio vieni ammesso al colloquio. Per ragioni lungamente precedenti la riforma Berlinguer, ma che la riforma ha aggravato, in Italia il punteggio si calcola non in base alla qualita' delle pubblicazioni, ma in base alla quantita'. Nella mia permanenza dentro l'Universita' italiana ho visto libri pubblicati su internet e rapidamente scomparsi dopo il concorso che ha portato in cattedra l'autore (che evidentemente non era molto contento che si andasse a leggere il suo libro); verbali di concorso (poi corretti) in cui i dati bibliografici erano sbagliati (e cioe' i commissari manco avevano letto i libri), candidati che prima del colloquio facevano due o tre ricorsi preventivi al TAR giusto per intimidire gli altri candidati. E cosi' via. E la disciplina di cui mi occupavo aveva solo marginalmente a che fare con i poteri forti: il massimo che puo' capitare a uno storico e' di vedere il suo saggio pubblicato in una strenna, a cura di una banca; o in un volume pubblicato dall'assessorato alla cultura in occasione del restauro di qualche abbazia. Economisti e chimici farnaceutici hanno in ballo anche altri interessi, e probabilmente fronteggiano altre pressioni.

 Ovviamente non basta accumulare titoli, bisogna anche farli circolare. E cosi', un fattore che aiuta la carriera sono le recensioni, che pero' non hanno nulla a che fare con il valore del libro in se', ma fanno piuttosto parte di un sofisticato gioco di scambi (uno della tua cordata recensisce positivamente il tuo libro, e tu, o un tuo collega, fara' lo stesso con il suo). Un modo sicuro per accumulare buone recensioni e' pubblicare in un volume collettaneo, per solito gli atti di un convegno, a cui tu, e esponenti di altre cordate equamente rappresentati, siete stati invitati da organizzatori che avevano gia' in mente il volume degli atti, e calcolavano quindi il numero degli interventi ammessi (che stampare venti pagine in piu' costa). Occasioni per i convegni sono a volte i restauri di cui sopra

In tali convegni, il dibattito (nel senso di confronto tra punti di vista differenti) e' ovviamente assente. Nessuno si arrischia a scardinare il sofisticato gioco tarantiniano delle future recensioni; e cosi' c'e' la liberta' di dire le castronerie piu' grosse, senza che alcuno te lo faccia notare.

Esclusa quindi la possibilita' di dibattere con quelli di cordate differenti, resterebbe aperta la possibilita' di dibattere con quelli della tua, di cordata. E pero' qui entra in ballo la burocrazia sommata all'eta', due fattori che portano al noto fenomeno dell' asino in cattedra. E cioe' ci sono baroni [=docenti universitari di lunga esperienza politica, che stanno dal decenni al vertice della carriera, e non pubblicano piu' nulla perche' nessuno li smuove] che manifestano il loro potere facendo si' che i meno brillanti e piu' stupidi dei loro allievi facciano carriera meglio degli allievi degli altri baroni. La moltiplicazione delle cattedre avvenuta con la riforma Berlinguer ha accresciuto il fenomeno in maniera parossisitica, sicche' se ai miei tempi  era gia' raro che, poniamo, un docente cattolico decidesse di investire su di un allievo ebreo (e' successo a me) sfidando pregiudizi e cordate, adesso questo e' del tutto impossibile e gli allievi sono fotocopie ideologiche delle posizioni dei loro maestri

Per cui no, l'Universita' italiana non e' il luogo in cui si impara a dibattere con rispetto delle posizioni del tuo interlocutore. Se va bene, impari a sopravvivere in una atmosfera claustrofobica e clientelare. E restringi il numero delle tue frequentazioni. Voglio dire che finisci per frequentare o persone che fanno il tuo stesso identico lavoro, sperando in questo modo di ottenere quelle informazioni e conoscenze che ti serviranno in vista del prossimo concorso. Quelle piu' che amicizie sono parte della rete di conoscenze che ti e' indispensabile creare. A cui si aggiungono, ma e' il caso meno comune, anche persone che con il tuo lavoro non c'entrano assolutamente nulla, perche' ti puoi fidare solo di persone che sono fuori dal tuo ambiente, e che se sei incazzato o su di giri non possono in alcun modo pensare che questo ha a che fare con la composizione della commissione di concorso.

Frequentando solo persone simili a  te (o totalmente opposte, e solo perche' sono totalmente opposte) succede che ti sclerotizzi. Finisci per parlare lo stesso linguaggio che parlano i membri della tua tribu' e a inanellare delle serie di memi che prendono il posto dei ragionamenti articolati. Uno di questi memi era, ai miei tempi, che siccome c'e' la globalizzazione, la gente si rifugia nelle identita'. Lo ho scritto in una riga, ma ci si potevano scrivere papelli, tracce di convegni, lettere al manifesto, editoriali di repubblica, e programmi di cineforum. Per via di questo intruppamento tribale, l'universitario, o aspirante tale, ha perso la capacita' di interrogare se' stesso.

Avete presente quando la Lega Lombarda vinse le elezioni la prima volta? Tutti i giornalisti e gli opinionisti erano scandalizzati e preoccupati. Ma come, ci e' cresciuto questo movimento in casa e noi non ce ne siamo nemmeno accorti? La ragione e' semplice: i giornalisti all'epoca viaggiavano in prima classe. E i discorsi che giravano tra i pendolari, che viaggiavano in seconda. non li sentivano nemmeno. Ecco, agli universitari succede lo stesso fenomeno. Nel secolo scorso, quando c'era il Partito Comunista Italiano, il professore universitario incontrava in sezione l'operaio o l'insegnante. Ora non succede piu'. Ma nel frattempo il professore universitario ha sviluppato una spropositata concezione di se', siccome lui conosce i memi di cui sopra e li puo' anche motivare. E cosi' abbiamo il dottorando, o post dottorando, che sta davanti allo schermo del computer a elargire perle di sapienza lette sulle pagine del manifesto a cui lui mette le note a margine che derivano dalla sua disciplina, e che servono a convincere lui, e i lettori come lui, che loro hanno ragione perche' riescono a vedere il mondo dal punto di vista di Dio o della storia universale e che il resto del mondo ha torto, e' volgare e tribale ed anzi si lava pure poco.

C'e' poi la questione dell'uovo e della gallina. E' vero che le professioni intellettuali hanno perso status sociale. Il sistema universitario italiano scoraggia le innovazioni: "non possiamo creare una cattedra di informatica applicata alle materie umanistiche, poi arriva un laureato in matematica e se la prende e chi lo controlla il laureato in matematica?". Ma anche la totale incapacita' degli intellettuali italiani di capire come va il mondo e, nel contempo, di tenersi stretto il ruolo (e la paga) di editorialista su questo o quel quotidiano, non e' che abbia dato lustro alla categoria. E, tra l'altro, gli italiani leggono poco i quotidiani, perche' leggendo i quotidiani non riescono a capire dove sta la ragione del contendere tra Israele e Palestina, ma solo che tutti e due sono invischiati in una guerra di identita' religiose. Come te, elettore leghista e tonto.

E pertanto io sono piuttosto contento di trovarmi in questo momento a destreggiarmi tra il daf yomi e la pagina facebook di una sinagoga, cui sto lavorando nel tempo libero. In un universo parallelo, davanti allo schermo del computer, con una tazza di caffe' sulla scrivania ci sta un altro nahum, quello che non sono diventato. Sta leggendo il manifesto e haaretz, dopo aver passato tutta la giornata a controllare se nelle note del suo saggio sono stati citati tutti, ma proprio tutti, i nomi dei colleghi che sono un grado piu' avanti di lui e che saranno nella commissione d'esame. Il saggio tocca anche qualche dibattito importante, di quelli che hanno avuto corso nel passato, ma questo nahum sta bene attento a non prendere posizione. Chiuso il saggio, apre il manifesto dove legge che gli unici ebrei buoni sono quelli che criticano lo Stato ebraico, che anzi sarebbe una buona idea se non ci fosse del tutto. E l'antisemitismo e' male. E siccome tu hai ragione non puoi essere antisemita. E' colpa loro, degli israeliani e della loro eccessiva identita'.

Sono contento di aver lasciato quel nahum dentro la sua bolla di parole, che lui immagina grande come il mondo e che e' invece solo uno specchio in cui riflettersi e dirsi da solo quanto e' bravo e quanto lui (e quelli della sua classe sociale) hanno ragione su tutto.


giovedì 22 novembre 2012

Vlaidimir Jabotinsky - Il canto di Tel Hai


Perche' avete quelle falci
e nessun raccolto, fratelli, perche'? 
E dove e' finito il vostro fiore 
Caduto sulla collina della vita.

Sia santificato il nome di Tel Hai [collina della vita]
e il valore che lassu' e' fiorito.

Nelle vostre mani lo scudo e la spada;
perche', fratelli, perche'? 
Non siete arrivati alla sera
Per difendere la collina della vita.

Sia innalzato il nome di Tel Hai 
la vetta della forza ebraica.

Davanti a voi c'e' un libro aperto.
Quale poesia leggerete, fratelli?
La verita' l'ha  scritta
il vostro eroismo, sulla collina della vita. 

E' ancora vivo il nome di Tel Hai 
la vetta dello spirito ebraico.

Fate molta attenzione,
E alzatevi, fratelli. 
Per difendere, per fiorire
Per costruire la collina della vita. 

E'  nome di Tel Hai,
simbolo di liberta' 
di coraggio, forza e luce. 


E' una vecchia canzone di Jabotinsky; se volete sentirla la trovate qui.  Fino ad adesso non e' mai stata tradotta in italiano, anche se in Israele la si impara alla scuola elementare.

Se invece cliccate sul titolo trovate la descrizione del perche' Tel Hai e' tanto importante. Purtroppo, anche quella descrizione, non si trova in italiano.

Ho tradotto questa poesia (e lo so che si vede che e' vecchia, che e' roba da prima guerra mondiale), per ricordare e ringraziare i soldati ebrei che sono morti in questa ultima guerra. Sono caduti perche' io, mia moglie e i miei figli potessimo vivere sicuri, sapendo che da qualche parte nel mondo c'e' un posto in cui rifugiarci.

Speriamo solo che siano gli ultimi morti. 



giovedì 15 novembre 2012

Ci sono ebrei che si sono inventati una missione (si potrebbe dire "un mestiere", senonche' non guadagnano nulla) che consiste nell'educare vari segmenti del pubblico non ebraico o potenzialmente antisemita. 
Passano ore, giorni, a volte intere settimane, con immensa pazienza, che si tratti di parlare a scolaresche o a militanti di sinistra delle varie gradazioni, o a gruppi variamente riconducibili all'arcipelago cattolico, e recentemente anche a quello islamico. 

Spiegano la storia degli ebrei, e sperano che si capisca che quando siamo feriti, sanguiniamo anche noi. 
Spiegano la religione e le osservanze ebraiche, e sperano che almeno qualcuno della loro audience capisca che non e' una superstizione tribale. 
Spiegano la cultura ebraica e sperano che almeno qualcuno nella loro audience capisca che senza il contributo degli ebrei la storia dell'Occidente sarebbe molto piu' povera.
Spiegano che il sionismo e' un movimento di liberazione, nato dallo stesso contesto culturale del Risorgimento italiano, e sperano in questo modo di contrastare gli ettolitri di monnezza che circolano nella rete e fuori. 

A volte questa attivita' di guida turistico-culturale bene intenzionata, mangia tutto il tuo tempo, vuoi perche' di ebrei ce ne sono proprio pochi di visite ed incontri ce ne sono sempre. Eppero' non hai tempo per stare con la tua famiglia, per leggerti un paio di pagine di Talmud, un passaggio della parasha della settimana, persino per pregare. 
E fare la guida turistica diventa l'unica cosa ebraica che fai. 

Vorrrei che si riflettesse su questo punto, e si vedesse il paradosso. 

Ci sono ebrei il cui ebraismo consiste unicamente nel lavorare (gratis) per allargare il patrimonio di conoscenze dei non ebrei. Succede anche che questo mestiere di guida turistica te lo porti ovunque, e persino in una discussione su Usenet, o su un qualsiasi forum virtuale, il tuo contributo consiste in un (umiliante) spiegare, chiarire, chiedere -insomma- il permesso di esistere senza essere parte della maggioranza. 

Philip Roth ha scritto delle cose molto feroci, e anche molto realistiche, su queste figure di ebrei che sono tali ad uso e consumo del pubblico non ebraico. Lui li ha incontrati in Europa. E poi scrive del gran senso di liberazione provato in USA, o in Israele, dove puoi mandare a fare in culo quello che ti sorpassa in barba al codice della strada, e lo mandi a fare in culo senza preoccuparti di quanto gli altri ebrei possano soffrire per questa tua intemperanza. 

Io la penso come lui. 

Gli ebrei nella loro storia hanno reagito in ogni possibile ed immaginabile modo, di fronte all'odio antisemita. 
Ci sono stati persino quelli convinti che gli antisemiti avessero qualche ragione, e che qualche parte del loro odio fossero critiche di cui fare tesoro. 
Ci sono stati quelli convinti che questa o quella parte politica avessero qualcosa di buono, e che l'antisemitismo dei fascisti o dei comunisti fosse qualcosa di accidentale, bastava chiudere gli occhi e si potevano fare tante cose utili al mondo. 
Ci sono adesso quelli che pensano che sia tutto e solo un problema di educazione, che quando uno ha imparato un po' di nozioni di storia e religione ebraica, come d'incanto gli scompaiono i pregiudizi che ha assorbito negli anni precedenti. 

Tutte, tutte, queste reazioni di fronte all'odio antisemita non sono servite a un cavolo, tant'e' che gli antisemiti ce li troviamo ancora tra i piedi. 

L'unica risposta storicamente valida e' quella di Vladimir Jabotinsky. Imparate a sparare

Oggi abbiamo avuto un buon esempio della sua efficacia.

mercoledì 14 novembre 2012

Leonardo Tondelli, ebraismo, sionismo

Oggi a Roma un migliaio di bambini sono rimasti chiusi nella loro scuola, e per i genitori era impossibile raggiungerli. Questo perche', fuori dalla scuola, c'era una guerriglia urbana condotta da alcuni esagitati, alcuni dei quali urlavano slogan contro lo Stato ebraico.

Per Leonardo Tondelli, che fa il professore ma non si e' mai trovato rinchiuso in una scuola con una massa di ossessi al di fuori che ti vorrebbe fare la pelle, 

È un episodio triste, che mostra se ce n'è bisogno la necessità urgente di smarcare ebraismo e sionismo. 

Qui, per stomaci forti. Riuscite ad immaginare qualcosa di piu' disgustoso? Dico, il Tondelli potrebbe aiutare noi ebrei a procedere a questa opera di smarcamento. Indicandioci come fare per evitare che simili "tristi episodi" si verifichino di nuovo Magari istituendo un apposito comitato con l'incarico di porre ebraismo contro sionismo. 

Capite? Non bisogna evitare che un gruppo di ossessi venga a urlare delle cazzate terrorizzando (letteralmente) i bambini. Bisogna urgentemente smarcare.

Il Tondelli ci ha spiegato la triste condizione dei bambini di Gaza, chiedendo ai lettori di immedesimarsi in quei bambini, senza prendere atto del fatto che non sono esattamente emaciati. Pero' si guarda bene dal farci sapere cosa proverebbe se lui fosse un insegnante che tutte le mattine deve superare un cordone di polizia per recarsi al lavoro.

E che quando la polizia non c'e', lui muore. Morira' forse per antisionismo e non per antisemitismo. Che, capite, e' una differenza fondamentale. 

lunedì 12 novembre 2012

I lettori ebrei del prof. Leonardo Tondelli

Il prof. Leonardo Tondelli, autore di  robaccia antisemita, ha dei lettori ebrei. Non solo, lui li conosce personalmente ed e' anche sicuro (qualsiasi cosa voglia dire) che non sono stati circoncisi invano. Perche', sapete, probabilmente, questi lettori ebrei sono d'accordo con il pensiero leonardesco (anche se pensiero e' forse espressione un po' azzardata) a proposito delle dichiarazione di Lars Von Trier.

Ricordate? Il regista aveva espresso una certa simpatia per Hitler, e Leonardo aveva commentato facendo sapere ai lettori che a lui stava simpatico Lars Von Trier. Perche'?  Perche' sbroc sbroc echeccazzo non si puo' mai criticare Israele. Vai un po' a sapere se questi lettori ebrei, che ricordatevi, il prof. Tondelli conosce personalmente, provano la stessa simpatia per quello la', che ha la simpatia per Hitler.

Non provate a chiederlo al Tondelli, che si offende e non vi risponde.

Eppero' a me resta la curiosita'. Questi lettori ebrei che il professor Leonardo Tondelli conosce personalmente, sono d'accordo con lui anche nel giudizio, diciamo con riserva, che il Tondelli ha espresso sulla Legge del Ritorno, e che (se adottiamo le definizioni in uso nell'Unione Europea) e' antisemita? 

 "la Legge del ritorno stabilisce il diritto per gli ebrei di tutto il mondo di andare là e prendersi un po' di terra. A spese di chi ebreo non è, evidentemente." (qui, a cura del prof. Leonardo Tondelli)

La cosa sarebbe curiosa. Vedete, ci sono degli ebrei, che hanno dei figli ebrei, e che sono molto attivi nella vita comunitaria, che ci tengono insomma al futuro del popolo ebraico; un tizio che li conosce personalmente scrive delle sciocchezze colossali contro la Legge del Ritorno, cioe' contro un loro diritto.  E loro manco glielo fanno notare.

Ma magari questi ebrei che Tondelli conosce personalmente non sono poi cosi' attivi nella vita comunitaria. Certo sappiamo che sono maschi, perche' il professor Leonardo Tondelli sa che sono stati circoncisi. Chissa' se hanno figli ebrei, questi amici (maschi) del professor Tondelli. 

Magari no. Magari sono consapevoli che l'ebraismo della loro famiglia si esaurira' con loro. E ne sono persino contenti. In quel caso, ecco, si': si capisce che abbiano poco da dire in difesa della Legge del Ritorno. 

Ma secondo me nemmeno esistono, e il professor Leonardo Tondelli ha detto una bugia.

giovedì 8 novembre 2012

odio

Gideon Levi ci spiega, con i soliti toni pacati, che lui odia gli ebrei. Non tutti, solo quelli che abitano in una certa parte del mondo. Non che ci fossero molti dubbi, eh.

 “It's not just that they bother me. I actually have feelings of hatred towards them,” Levi proudly told Globes. “I am a very emotional person. They embarrass me, they mock me, they devalue me with the things they do, with their very presence.

mercoledì 7 novembre 2012

Oggi ho scoperto che io sarei "una persona di fede". Ovviamente una fede gretta e materialistica, in un Dio che "punisce i cattivi e premia i buoni".   

D'altronde, che ci volete fare, noi che abbiamo tanto bisogno di una Legge scolpita nella pietra e di un Dio che ci fulmi ad ogni trasgressione, siamo fatti cosi'. Siamo cattivi dentro. E dovunque andiamo, seminiamo morte e distruzione. Prima che noi arrivassimo in Palestina, infatti, la' c'era il paradiso. 

lunedì 5 novembre 2012

caro amico ti scrivo

Leonardo Tondelli mi ha scritto in privato.

Dice che mi segue su Twitter, su Linkedin, su Usenet e per di piu' legge il mio blog. A me sembra un filino ossessionato. Ma naturalmente, secondo lui, sono gli altri ad avere problemi.

Ah, e poi dice che non sembro ebreo.

Perche' lui la sa lunga, sapete.




ninfo-mania e ninfo-rmazioni

Arabic media: Tzipi Livni extorted prominent Arabs with sex!

Posso proprio immaginarmelo:
"Amore, ti faccio un pompino se mi dici dove sta nascosto Abu Jihad".
"Si', si'.... siiiii'! sta nascosto in un sotterraneo, sotto un ristorante di Tunisi".
"E dove, esattamente?"
"Continua, ti prego a sbottonarmi i pantaloni... Ecco, cosi', il ristorante si chiama "Le Notti di Fatima", e sta di fronte alla posta centrale, nel quartiere armeno". 
"Si', mhm, e ... mmmh, come ci si arriva?"
"C'e' un po' di traffico all'ora della preghiera, ma dopo pranzo il parcheggio si trova facilmente... ehi, ma che fai?"
"Chiamo i miei colleghi, passo la informazione e poi sono subito da te".

venerdì 2 novembre 2012

Vi ricordate l'affaraccio Greta Berlin, la signora che twitterava tutta indignata sui sionisti che organizzavano campi di sterminio per ebrei?

 mullinstweet

 La vicenda ha messo in luce il fetido angolo della rete che va sotto il nome di "opposizione alle politiche di Israele" quelli di Mondoweiss, punta di lancia dell'antisionismo in rete hanno annunciato pomposi che 

From here on out, the Mondoweiss comment section will no longer serve as a forum to pillory Jewish culture and religion as the driving factors in Israeli and US policy.

Avete capito? Basta insultare la cultura ebraica, basta offendere l'ebraismo, distinguiamo ebrei da sionisti. 

E' durata poco. Oggi infatti Mondoweiss dedica un articolo alla (tenetevi forte) circoncisione. Che tutti sanno si tratta di una faccenda strettamente legata alla "War of the Ideas in the Middle East" cui e' dedicato il blog - come da sottotitolo. E scrivono, quelli di Mondoweiss:

the New York Times is in an odd position of being both the national “paper of record” and a local New York paper that gives disproportionate attention to Jewish culture.  In highlighting Jewish news-- to an audience that surely includes a large part of the Jewish establishment-- it inevitably privileges Jews over others.  

Comunque non chiamateli ebrei che odiano se' stessi. Non chiamateli nemmeno ebrei, via.

lunedì 22 ottobre 2012

oh, e nel frattempo

La popolazione ebraica di Israele cresce, quella araba diminuisce. 

According to a June 2012 study by the Washington-based Population Reference Bureau (PRB), 72 percent of 15-49 year old Palestinian married women prefer to avoid pregnancy [...] The PRB study states that “a growing number of women are using contraception, as family planning services have expanded in the Arab region.”

[...]

In 2012, Israel’s Jewish fertility rate (three births per woman) is trending upward, boding well for Israel’s economy and national security, exceeding any Middle Eastern Muslim country [...] In 2012, the Israeli Arab-Jewish fertility gap is half a birth per woman, compared with a six birth gap in 1969. Moreover, young Jewish and Arab-Israeli women have converged at three births, with Arab women trending below — and Jewish women trending above — three births.  

Sta scritto qui. Ma non ditelo a lui.  Lui chi? Quello che nel 2009 scriveva:

Insomma, la mia opinione (semplice) è che Israele nel lungo termine abbia perso la guerra demografica: nasceranno sempre più arabi degli ebrei.

Siccome questa roba, piu' che una opinione, e' un wishful thinking (vedere i pericolosi ebrei ridotti a minoranza, voglio dire), avete mica una idea se origine del suddetto wishful thinking e' l'ideologia cattocom o la sbandierata ignoranza in campo matematico? 

domenica 21 ottobre 2012

Gli atei sono buffi (si parla anche di sesso)

Tra tutte le religioni, una bizzarra e'  quella che va sotto il nome di ateismo. Il  dogma principale sembra essere "Non esiste nessun Dio". Per Dio, di solito, i praticanti dell'ateismo intendono una specie di patriarca perennemente incazzato con il genere umano. Il  rito principale degli atei consiste nel ripetere questa frase, e diverse varianti, preferibilmente in presenza di credenti di altre religioni, che sembra siano indispensabili per officiare, appunto, questo rito. A qualcuno potrebbe sembrare una noiosa giaculatoria, ma non lo e': i credenti della religione detta ateismo lo prendono sul serio ed anzi coltivano pure la ambizione di riuscire a convertire all'ateismo chi professa altre fedi. Come? mediante la ripetizione sistematica della detta asserzione, o di altre varianti. Piu' volte al giorno, e magari anche su facebook.

Oltre a questa pratica quotidiana, gli aderenti alla religione detta ateismo hanno un loro calendario sacro, che comprende la ricorrenza piu' importante dell'anno, il Darwin Day. Come ogni religione, hanno i loro riti matrimonali o funebri  come pure cerimonie per accogliere i nuovi nati. Hanno anche un loro clero, ovvero gente che viene pagata  per celebrare queste funzioni, e se siete interessati potete anche scegliere la carriera all'interno di questa religione.  Come ogni religione che si rispetti -e badate che io rispetto molto la religione degli atei- l'ateismo ha avuto alcune scismi. Esiste anche un gruppo di ebrei che si sono  avvicinati a questa fede.

Anche se rispetto molto la religione degli atei, a volte trovo buffo il loro comportamento. Per esempio quando ostentano la presunzione che si possa condurre una esistenza solamente atea, del tutto priva di influenze da parte di altre religioni o culture. Una pretesa che mi sembra faccia un po' a cazzotti con la loro continua ripetizione secondo la quale viviamo in una societa' multiculturale, e pertanto gli aderenti alla religione ebraica dovrebbero lasciarsi alle spalle il loro culto settario e la pretesa di sposarsi tra di loro. O anche con la abitudine di seguire il calendario cristiano quando si tratta di regali di Natale. Vedo che la osservano molti atei, che pure nelle festivita' della religione cristiana, sorprendentemente, non lavorano, esattamente come i cristiani.

Ma vabbe', grazie a Dio, nessuno e' perfetto e la coerenza assoluta e' solo la virtu' degli imbecilli. A proposito di imbecilli, come lo vedete il Leonardo Tondelli, che dice di essere ateo ma tiene una rubrica sui santi in cui ripete ogni volta che gli ebrei, prima della nascita di Gesu', erano cattivi, genocidiari e spietati, e tali sono ritornati ad essere dopo il 1948? Lo so, e' una divagazione, ma siccome lui mi legge con attenzione, non volevo perdere l'occasione di salutarlo.

Qualche anno fa, quando facevo lo storico, ero incappato in una serie di registri di nascita. Voi magari non lo sapete, ma l'anagrafe comunale non e' sempre esistita, e tanto tempo fa si registravano i figli solo dopo averli battezzati, o circoncisi. Dunque, in questi registri di nascita, che coprivano una spazio di piu' di un secolo e che riguardavano la stessa citta' italiana, io avevo notato una cosa singolare. Nove mesi dopo la Quaresima c'erano pochi nati cattolici, e nove mesi dopo le feste ebraiche c'era una impennata nelle nascite tra gli ebrei. Studiosi di demografia storica che si sono occupati della Polonia hanno notato la stessa differenza nei (si dice cosi') ritmi di fecondita' per un altro bel paio di secoli.

Il fenomeno e' interessante, se per di piu' tenere presente che, in coincidenza con crisi economiche (carestie, inflazione), l'osservanza, come dire, religiosa, si intensifica: calano le nascite tra i cattolici, crescono quelle tra gli ebrei.

Ora, tutto questo lo ho scritto perche' mi fanno girare le scatole gli umanisti che si vantano di non capire nulla di elementari operazioni aritmetiche, come le frazioni. Pure io ci capisco nulla, pero' mica me ne vanto. Ed anzi ho rotto le scatole a diversi amici che ci capiscono di piu' di me, per farmi spiegare come calcolare il tasso di inflazione (si', e' possibile stabilire se in una data area italiana ci fosse inflazione,poniamo: quattro secoli fa). E con quegli amici, matematici pazienti (uno pero' era laureato in economia) mi sono divertito a parlare di fig.... di sesso e di religione, voglio dire.

La storia e' una materia affascinante. Si ricostruiscono mondi e culture lontani nel tempo e sembra a volta di fare un viaggio su un altro pianeta. Viviamo in una societa' post-industriale e probabilmente i ritmi della nostre fecondita' non sono piu' legati alle osservanze religiose. Ma i dati che io avevo raccolto arrivavano alle porte dell'Ottocento, quando poi la anagrafe era sottratta alle istituzioni religiose, diventava comunale, e ebrei e cattolici non si potevano piu' distinguere. Ed e' tutto da dimostrare che la differenza fosse scomparsa, solo perche' qualche benintenzionato voleva dare alla minoranza gli stessi diritti della maggioranza. 

Sappiamo poco di quel che succedeva in camera da letto, ma per esempio sulla cucina siamo meglio informati. E una cucina ebraica, distinta da quella cattolica, si e' mantenuta anche dove di ebrei non ce ne erano piu'. A proposito, quanti sono i praticanti la religione detta ateismo che il venerdi' mangiano pesce? 

Che e' come dire che non basta dichiararsi atei, per buttarsi alle spalle l'influenza di una religione. Pero' ci sono atei che continuano a credere che le cose vadano davvero cosi', e affermano con baldanza di non nutrire alcun pregiudizio religioso, e che anzi, gli ebrei sono davvero troppo ricchi e troppo potenti. Guarda per esempio quel che fanno in Palestina, la terra di Gesu'. 

martedì 16 ottobre 2012

Oggi, 16 ottobre, anniversario della deportazione degli ebrei romani, Leonardo festeggia spiegando ai suoi lettori cosa c'e' di bello nel culto del Sacro Cuore. Che stava sulla bandiera dei peggio reazionari ottocenteschi. Che erano pure antisemiti, ma questo Leonardo non lo spiega.

Ah, poche settimane fa cadeva l'anniversario della uccisione di Stefano Gay Tache'. Non era un bambino palestinese, pertanto Leonardo non ne parla. 

giovedì 11 ottobre 2012

I grossi grassi bambini di Palestina (e un Puffo furioso)

Le terribili condizioni di vita dei bimbi palestinesi, e l'assedio di Gaza, e gli israeliani cattivi, e gli ebrei venuti dall'Europa a colonizzare e gozzovigliare e sbroc sbroc. 

E il grave problema della obesita' dei bambini in Palestina, ormai attestata su un drammatico 12%, ovvero una percentuale simili a Norvegia, Olanda e Svezia. Fonte della notizia: la nota agenzia propagandistica sionista Lancet, "world's leading general medical journal and specialty journals in Oncology, Neurology and Infectious Diseases" (sta scritto sulla copertina, eh).

Ho provato a comunicare questa notizia al prof. Leonardo Tondelli, noto da queste parti come Puffo. Che ha reagito con un papello furioso.
Basterebbe un po' di sana cultura contadina: tutti gli animali ingrassano in cattività. Più in generale, l'obesità non è un parametro per misurare il benessere: in alcune società (USA, ad esempio) è palesemente il contrario, visto che è causato da un'alimentazione di scarsa qualità.
Inutile provare a ricordare al Puffo Tondelli che, cultura contadina o meno, Norvegia e Svezia sono in Scandinavia e non c'entrano nulla con gli USA. 
Dopodiché, se invece fosse provato che i palestinesi stanno bene, sarei il primo a esserne contento.
E qua invece gli cresce il nasone, a Leonardo, Puffo bugiardo. Perche' lui i palestinesi li vuole sempre incazzati e sofferenti, di modo da poter tessere la lagna su quanto sono perfidi gli israeliani, che non ascoltano la lezione di Abramo, e ci hanno il volto cattivo del colonialismo

Non contento di aver detto una bugia, il professor Puffo Tondelli passa alla diagnosi psichiatrica.
Discutere di Israele ti causa una botta di endorfina: non ne puoi fare a meno, ma non credo che sia una cosa giusta spalleggiarti. Non credo che ti freghi nulla davvero di Israele,
Il meglio lo da' comunque quando alla solta lagna sull'essere frainteso, diffamato, perseguitato ed offeso associa nientemeno che dei temi religiosi.
Perché dovrei mettermi a scambiare opinioni con una persona che va avanti da mesi scrivendo cose offensive e false su di me? È una cosa profondamente sbagliata, che non credo la tua religione consenta.

Gli interessati possono leggere  qui lo sbrocco del Puffo in versione completa.

Se leggete un post sopra e uno sotto, trovate pure la dichiarazione di fede sulla inevitabile sconfitta del nemico sionista, di cui il Puffo e un altro aspettano, nientepopodimenoche il cadavere, seduti come da icona sull'argine del fiume. Mentre sbirciano account twitter e linkedin. Di altre persone, casualmente ebrei ed israeliani (io).

In ogni caso, tutta questa fiducia sulla certa sconfitta del nemico, e sulla sua morte, nientemeno, fa davvero un po' ridere, se si pensa che viene da sostenitori di Yasser Arafat.Da gente che si arrabbia se gli dici che le giovani generazioni palestinesi non seguono piu' gli inviti alla ribellione.

E che, anzi, mettono pure su pancia.


domenica 7 ottobre 2012

et voila'

Ultime notizie da un Paese dove l'antisemitismo immaginario, coltivato da ragazzi per nulla razzisti, rischia sempre di venire ingigantito

Parigi - proiettili sparati contro una sinagoga.

Molotov contro un negozio kasher.

La polizia ha arrestato un gruppo di jihadisti. Avevano una lista di obiettivi ebraici ed israeliani. Perche' loro fanno distinzioni, tra cultura e religione. Poi colpiscono ambedue.

Ricordatevi pero' che il vero problema sono le tirate anti-islamiche.




mercoledì 3 ottobre 2012

La lezione di Jonathan

Una delle persone da cui ho imparato molto si chiama Jonathan. Era parte del piccolo gruppo di visionari, con aspirazione di Armata Brancaleone, che ha fondato l'ebraismo progressivo in Italia. Quella cosa che e' passata dai sette individui che eravamo nei tardi anni Novanta, a tre comunita' stabili che ci sono adesso, piu' diversi gruppi qua e la' per l'Italia, insomma qualche centinaio di famiglie. Il fatto che, da scombinati che eravamo (e attivi soprattutto nel litigare tra di noi) siamo cresciuti fino a questi numeri, dovrebbe essere considerato una prova che il Dio degli ebrei esiste e ci protegge, soprattutto da noi stessi. 

Jonathan era noto per l'espressione si', ma: praticamente? Accompagnato da uno sguardo generalmente scettico. Ti riportava immediatamente con i piedi per terra, mentre ancora navigavi tra le nuvole di un volo pindarico. Ricordo una riunione piuttosto animata, eravamo gia' una quarantina di persone, a quel punto. Una di noi, che di lavoro faceva la consulente aziendale e voleva fare le scarpe a qualcuno del Consiglio introdurre un nuovo modello di organizzazione, aveva portato una ventina di copie dello stesso fascicolo, che poi erano stampe tratte da una presentazione powerpoint sulla quale lei aveva speso (diceva) mezza giornata. Facendo intrendere che la sua mezza giornata costava qualcosa come 300 euro e che quella era da considerare una donazione alla comunita'. E eccola li' che dimostrava come questo affascinante sistema  avrebbe levato di mezzo quello che le stava antipatico e che si faceva un mazzo tanto per tutti, gratis ci avrebbe fatto lavorare tutti insieme in armonia; e inanellava i nomi delle multinazionali il cui organigramma, a suo dire, era ispirato da cotanta sapienza, e lo diceva lei che aveva il fidanzato americano. Che nessuno aveva pero' mai visto.  

Al momento della discussione, Jonathan disse solo tre parole "Si', ma: praticamente?" E la nostra sinagoga quasi veniva giu' per le risate. Perche' era chiaro a tutti, tranne che alla signora dai seicento euro al giorno (300 x 2), che un modello di organizzazione aziendale buono per una multinazionale, non dovrebbe adattarsi a una comunita' religiosa composta da un nucleo di iper attivi e una fascia piu' larga, e crescente, di gente disposta a mettere meno tempo, ma qualche lira.

Ho pensato molto alla lezione di Jonathan, in questi giorni, quando mi sono trovato a sfruculiare la zona della rete in basso a sinistra, dopo che il puffo Leonardo, che occupa quella zona con orgoglio e convinzione, era venuto a curiosare nei mei account twitter e linkedin. E chissa' dove altro.  Sta di fatto che in questo periodo, in basso a sinistra, si discute molto sul casino dovuto al fatto che un cretino ha messo on line un film sedicente satirico, in cui si dicono cretinate sull'Islam, all'insaputa degli attori che in quel film hanno recitato, e come risultato sono morti diversi cittadini arabi, un diplomatico americano, mentre il resto del mondo islamico e' convinto, e te pareva, che a organizzare tutto siano stati degli ebrei. Roba da internazionale situazionista, non fosse per i morti.


Da quelle parti, dico in basso a sinistra, ci si vanta di provare empatia per i poveri islamisti offesi:  un po' meno, al solito, per le sorelle e le figlie di tali islamisti, cui i predetti islamisti impongono un dress code piuttosto dettagliato, senza che la loro opinione di femmine sia richiesta. 

E dunque, nel nome di questa empatia, che assomiglia tanto alle buone intenzioni che lastricano la nota strada discendente, si soloneggia che non sarebbe poi male introdurre anche da noi qualche limite alla liberta' di offendere il Profeta, l'Islam o i barbuti stessi. Dopotutto da noi c'e' gia' il divieto di offendere gli ebrei (ah, davvero?) perche' non si dovrebbe fare lo stesso con l'Islam?

Si arriva a sostenere questa scemenza, sulla base di un, diciamo, ragionamento, in tre passaggi. Ognuno di questi passaggi fa acqua, come spero di mostrare.  Poi arriva la lezione di Jonathan e l'edificio crolla tra le risate. Ma andiamo con calma.

Il punto di partenza, o primo passaggio, e' il post-colonialismo da parrocchietta. Siamo stati tanto cattivi, noi occidentali, con i poveri popoli del terzo mondo, adesso dobbiamo espiare la nostra perversione colonialista e non dobbiamo permetterci di giudicare i loro valori. Chi sostiene questa cazzata, riconosce ai fondamentalisti islamici il diritto di rappresentare tutti gli altri musulmani del mondo, a cui frega nulla di un video messo su You Tube da un cretino. Musulmani che in moschea ci vanno, quando ci vanno, per ragioni familiari e che magari preferiscono una moschea dove nessuno gli rompe le palle con l'obbligo di condurre la guerra contro gli infedeli. Musulmani che, in parole povere, sono certamente la maggioranza e in qualche caso hanno gli integralisti sui cosiddetti.

Il farlocco in vena post colonialista pero' prosegue: anche da noi e' proibito offendere i disabili e postare video porno su You Tube, quindi perche' ci scandalizziamo, ogni cultura ha le proprie proibizioni. Con la piccola differenza che anche nel mondo islamico e' proibito offendere i disabili e postare video porno su You Tube, se non che', gli ossessi che ora sbraitano per via di You Tube, vorrebbero aggiungere  una proibizione (e una pena corporale) a un set di proibizioni che tutti quanti, gia' adesso, osserviamo.

Questa sinistra e' davvero malconcia, se si mette ad invocare proibizioni.

Ma questo lo vedevo gia' da solo. Dove la lezione di Jonathan ha rivelato tutta la sua importanza e' stato quando ho seguito i ghirigori convoluti di coloro che, la' in basso a sinistra, hanno una sola idea, e molto ristretta: "Dobbiamo evitare la retorica dello scontro di civilta'".  Ci sono dei musulmani in carcere? Dobbiamo evitare la retorica dello scontro di civilta' Un tizio accoppa dei bambini ebrei? Dobbiamo evitare la retorica dello scontro di civilta' Un rumeno cristiano ortodosso ruba il portafogli a una vecchina comunista? Dobbiamo evitare la retorica dello scontro di civilta'. C'e' troppo traffico in centro? Dobbiamo evitare la retorica dello scontro di civilta'.Ti piace la polenta concia? Dobbiamo evitare la retorica dello scontro di civilta'. eccetera.

Siccome bisogna evitare la retorica dello scontro di civilta', sarebbe una buona idea prendere in considerazione le buone motivazioni di chi assalta le ambasciate. Ah si', avete gia' sentito questa argomentazione? Certo, all'epoca dell'assalto alla ambasciata americana  durante la rivoluzione islamista in Iran. E chi la sosteneva, pero', condannava con forza altro genere di episodi. E poi si lamentava di non essere preso sul serio.

Con il primo passaggio post-colonialista il farlocco ha gia' buttato a mare un paio di secoli di Illuminismo e di tolleranza. Siccome dalle parti dove si assaltano ambasciate l'Illuminismo non e' arrivato (il farlocco ama i grandi affreschi storici), e siccome l'Illuminismo e' una roba di noi occidentali (il farlocco ama autoflagellarsi), sarebbe colonialismo imporre un po' di Illuminismo anche a loro: che questo si chiama, appunto retorica dello scontro di civilta' e ti porta con Bush in Irak, quindi e' cacca e cattivo. Ma allora, uno si chiede, per quale ragione evitare questa retorica ecc. ecc. ? 

Ed ecco pronto il secondo passaggio del ragionamento farlocco. Il dialoghismo tardocomunista. Il farlocco ha un debole per gli affreschi storici, e soloneggia fresco dalla consultazione di una guida Lonely Planet, qualche volta addirittura sotto il cielo di Siria e Giordania, ma piu' spesso nella sua cameretta. Se lo guardate bene, dice il farlocco, l'Islam e' un miracolo di tolleranza, equanimita' e giustizia, e se le ambasciate vengono assalite dai popoli islamici (popoli solo nella mente del farlocco, ricordate), beh, questo significa che gli abbiamo fatto tanto male. E che loro hanno ragione. Se noi avessimo un po' piu' di rispetto per loro, loro avrebbero rispetto per noi. Sotto il grande affresco storico, le argomentazioni del farlocco hanno un indiscutibile sapore di famiglia piccolo borghese, con la mamma casalinga che ti sbacchetta le dita quando di becca a dire le parolacce al fratellino piu' piccolo. Il quale, certo, deve evitare anche lui la retorica dello scontro di civilta', dice il maggiore, nella sua empatia per i musulamni offesi.

Ecco, qui mi arriva in nostro soccorso la lezione di Jonathan. Voglio dire: Si', tutto vero, ma: praticamente? Come si realizza questa cosa che noi (gli Occidentali) abbiamo piu' rispetto per loro (l'Islam) e poi loro (gli islamisti) smettono di azzanare diplomatici americani, bruciare bandiere, malmenare fanciulle, e lapidare omosessuali? E cosi' ho provato a immaginare la realizzazione pratica del futuro farlocco di dialogo, quando la retorica dello scontro di civilta' sara' finalmente inclusa tra i reati.

Scena. Sulle montagne del Salkazzistan. Tutti uomini, tutti barbuti, tutti in jallabya, tutti con il mitra. Uno apre il nuovo numero della Gazzetta del Militante Islamico del Salkazzistan, che ha appena scaricato da Internet sul suo Ipad (tecnologia israeliana, ma nessuno e' perfetto). E quasi gli cade il turbante per la gioia:
"Avete visto? In Italia adesso e' proibito offendere il Profeta!!!" 
Un brivido di incredulita' corre sulle vette del Salkazzistan. Corsa per levare l'Ipad dalle mani del lettore della Gazzetta. 
"E' vero, e' vero, guarda qui! Allah Akhbar!!!"
"Yallah, ole', da adesso in poi permetto a mia sorella di levarsi lo chador quando va a far la spesa. Ma solo il mercoledi'" 
"Anch'io, anch'io, habibi; se poi anche in Francia passano una legge come questa, allora glielo permettero' pure il venerdi'!"
"Giusto, e se poi anche l'Unione Europea approva una legge simile, io permettero' a qmio cugino di vivere con il suo fidanzato ed anzi andro' al loro matrimonio, e inshallah mi radero' pure la barba!"
"E se gli americani introducono quel reato nella loro legislazione... ehm, noi, ... io..., ecco: io riconoscero' Israele" 
Cade improvvisamente un silenzio pesante come piombo, lassu', nel piccolo gruppo di militanti islamici appollaiato sulle montagne del Salkazzistan.
"Ehm, fratello" sentenzia il barbuto piu' anziano: "stai attento a non esagerare con gli entusiasmi, ricordati che quelli sono sionisti".

Ecco, vedete, praticamente, non funziona. A meno che non siate davvero davvero convinti che chi vuole levare di mezzo Israele abbia delle ottime ragioni. Che debba restaurare della giustizia nei confronti dei famosi otto milioni di profughi che avrebbero ogni diritto morale e storico di ridurre gli ebrei in minoranza e fare loro assaporare, piu' o meno in tutto il mondo, le delizie dell'Islam, nella loro (dei non islamici, ma molto empatici) versione preferita.

E questa, la convizione che lo Stato ebraico debba essere levato di mezzo, e' in definitiva il terzo passaggio fondante del ragionamento farlocco.

Il farlocco e' convinto che la strada della convivenza con l'Islam passi per lo smantellamento dell'unico pezzo di terra al mondo in cui degli ebrei possano governarsi da soli. E' convinto che (de)gli ebrei abbiano troppo potere a Washington, e che il mondo islamico tutto sia infuriato con l'Occidente intero per via dell'appoggio ad Israele. Anche se in questo preciso momento all'interno dei Paesi arabi se le stanno dando di santa ragione (a proposito, dove sono le flottille umanitarie in partenza per la Siria?) per ragioni che con Israele c'entrano poco o nulla. Ma che importa, il richiamo della rivoluzione dei popoli contro la cricca sionista ed imperialista (e guerrafondaia) e' ancora vivo, si e' cammuffato da internazionalismo proletario ed ora appare nelle vesti dell'Islam barbuto. Abbiamo finalmente trovato la soluzione per la convivenza tra i popoli e nel contempo anche una buona causa per militare.

E cosi' il farlocco comunista si conesgna, inginocchiato ed adorante, nelle braccia del fondamentalismo islamico. Lui, il farlocco, ha finalmente trovato degli oppressi da difendere, dei guerriglieri per cui fare il tifo e qualcuno che possa contrastare l'odiato Occidente, a cominciare dagli ebrei. E, in basso a sinistra, avanza le sue argomentazioni in favore dei divieti da elevae in nome della convivenza e della tolleranza; dopo averli resi impermeabili all'avverbio praticamente.

Un avverbio cui, invece, io sono affezionato. Ho imparato molto da Jonathan. Raccomando anche a voi robuste dosi di si', ma: praticamente? ogni volta che incrociate un farlocco con il ditino puntato contro le colpe dell'Occidente.


sabato 29 settembre 2012

BUUUUH!

Come gia' sapete, Leo-narciso (cit.), noto anche come Puffo, anziche' commentare negli appositi spazi, qui sotto, spende una considerevole quantita' del proprio tempo spulciando Twitter, Linkedin e chissa' quali altri anfratti della rete, per cercare informazioni su di me. Potrei scommettere che sia andato a cercarmi anche su faceglatt (il facebook per ebrei ultraortodossi) o su J-Date, social network per single ebrei: ma sono posti che non frequento.

Leo-narciso  raccontava dunque che lo avrei diffamato con questo blog. Poi io ho fornito ai lettori di questo blog (lui incluso) un ripassino a proposito della definizione di antisemitismo elaborata da un organismo della Unione Europea, e il puffo Leonardo ha cambiato registro.

Ora si dedica all'alpinismo; nel senso che cerca di scalare le vette del surrealismo indossando  il cappello da cow boy, e gridandomi "Vieni fuori, se hai il coraggio!". Che uno se lo immagina agitare, al posto  della pistola, la consulenza di qualche leguleo, che gli deve aver detto "Certo che possiamo denunciare Tizio per diffamazione, ci serve solo che tu dica come si chiama". L'avvocato, sempre se l'immagine e' corretta, sara' certo contento di aver trovato il pollo da spennare, ma magari il giornale fondato da Antonio Gramsci ha pure soldi da buttare via, pur di lavare l'onta della accusa di antisemitismo.

In ogni caso, dopo  il ripassino di cui sopra, di carattere europeista, il puffo Leonardo ha cambiato registro. Adesso dice che qualche volta, in passato, lui scherzava.

E segue la bizzarra teoria, nota anche come "colpevole fino a prova contraria" secondo cui, non appena Tizio abbia la remota impressione di avere subito una offesa da Caio, Caio dovrebbe dichiarare a Tizio le proprie generalita'. Che uno si immagina il  Puffo Leonardo, in divisa da carabiniere, che intima ai commentatori del suo blog: "Documenti, prego!". 



Non so con chi abbia concordato questa strategia, ma spero davvero (per lui) che non abbia pagato nessuno per fornirgli consulenza. 

Perche', vedete,  in realta' le cose sono molto piu' semplici. Il Puffo Leonardo ha una paura smisurata di trovarsi in una aula di tribunale, per qualsiasi ragione. E l'ultima cosa che desidera e' che un giudice, ma in realta' chiunque, prenda una qualsiasi definizione di antisemitismo e la confronti con un antologia di suoi scritti.

Perche' affermazioni come "io non ce la ho con gli ebrei, Vostro Onore, infatti vede che me la prendo con tutte le religioni", visti i tempi che corrrono e i post del prof. Tondelli su Padre Pio, verrebbero accolte con una alzata di ciglio,  una risata del pubblico e viva preoccupazione dei genitori  degli alunni del medesimo prof.  Se poi provasse a dire che in realta' voleva scherzare, le cose si metterebbero ancora peggio. "Aha, scherzare... Dunque lei vorrebbe fare umorismo sulle camere a gas?" "No, Vostro Onore, assolutamente no!" "Pero', quel suo pezzo su Lars Von Trier e Hitler...." Tantopiu' che il Tondelli non ha nemmeno  il solito "amico ebreo" che possa attestare la sua buona fede o fornirgli un certificato di non-antisemitismo. Sono abbastanza sicuro che nessuno dei redattori ebrei dell'Unita' si presterebbe al gioco. Si', Puffo Leonardo, ho fatto qualche telefonata. Paura, eh?

Perche' infatti, se davvero Leo-narciso ha raccolto tutte queste informazioni su di me (e non dubito che lo abbia fatto) potrebbe avere il coraggio (ecco, su questo ho qualche dubbio) di prendere l'aereo e venire qua, nel Paese dove  esiste il diritto, sancito dalla legge, di mettere nero su bianco che Vittorio Arrigoni era un "consummate Jew-hater" la cui pagina facebook, al pari del blog di Leonardo, conteneva "not merely the customary insults aimed at Israel but explicit anti-Jewish imagery, which may have reflected in part his Catholic upbringing". Non dovrebbe nemmeno fare fatica, il Puffo Leonardo, nel trovare i miei orari di  lavoro ed aspettarmi al varco.


 
I sostenitori della causa palestinese 
rendono omaggio a Vittorio Arrigoni.


Ma finora non lo ha fatto. E potete scommettere che non lo fara' mai. Intendiamoci, lui e' in cerca di onori come quelli raffigurati qua sopra. Ma le ragioni esposte sopra, ragioni di carattere diciamo europeo gli impedirebbero di sortirne qualcosa. E poi c'e' un'altra cosa, che vado ora a spiegarvi.

Leonardo Tondelli ha paura degli ebrei. Quando attraversa Gerusalemme ebraica, come abbiamo visto,  lo prende il terrore di perdersi, anche se  c'e' una strada sola, ed a senso unico.  L'ipotesi di dover chiedere informazioni ad un ebreo, di trovarsi a dipendere da uno di noi, letteralmente, lo angoscia e lo disorienta. Non c'e' nulla da fare, devono essere i racconti ascoltati nell'infanzia, sugli ebrei che uccidono  Gesu' e gli usurai nemici di Sann Bernardino, che hanno lasciato una impronta profonda sulla sua psiche. Il famoso Catholic ubringing di quell'altro Jew hater, cresciuto, come Leonardo, nel profondo Nord, e di cui il puffo Leonardo convidide paure e fobie.

Gli mette paura stare tra ebrei. Lo spazio ebraico lo terrorizza. Leggendo i racconti di viaggio del puffo Leonardo in Israele mi ha colpito come, quando si trova in uno spazio in cui i simboli sono, appunto, ebraici (Gerusalemme, per esempio), lui cerchi disperato tracce di presenza non  ebraica, senza le quali si sente solo ed indifeso. Forse questo terrore arcano, profondo, spiega come mai eviti accuratamente di prendere in considerazione le posizioni della parte ebraica. Lui va davanti alla sinagoga della suca citta', certo. Ma ci va a raccogliere firme per difendere lo spazio vitale dei palestinesi, assieme ad altri, che come lui non sono ebrei.  Non prova nemmeno a pensare che potrebbe varcare la soglia della sinagoga, fosse anche solo per informarsi su un altro punto di vista. 

Certo getta una certa luce sul perche' lui dia cosi' tanto per scontato che prima o poi gli ebrei diventeranno minoranza in casa loro (ci spera, poveretto); e perche' sogni con ottimismo un momento in cui, se anche lo Stato di Israele continuera' ad esistere, sara' finalmente de-ebraizzato. E siccome ci deve essere qualcosa di molto profondo e arcaico nella sua psiche, ecco spiegato come mai Leo-narciso  si sia messo a diagnosticare turbe psichiche altrui: e' il famoso meccanismo della proiezione.

Tutto questo, mentre spende tempo e bytes per spiegare ai lettori che esistono leggi contro la blasfemia e che quindi non bisognerebbe fare troppo umorismo sull'Islam. Lui pensa a dei limiti, che definiscano uno spazio, oltre il quale non siano permesse intrusioni dei non islamici o dei non cristiani. Mai e poi mai si immagina di usare queste metafore spaziali per definire uno spazio ebraico, in cui ai non ebrei non sia permesso di mettere becco. (Chiaro che, chiunque venisse a proporre al mondo ebraico questa specie di ghetto, si troverebbe accolto da una salva di pernacchie). Che esista uno spazio ebraico, appunto, gli mette paura. 

Figuratevi quindi se il Puffo Leonardo potrebbe trovare il coraggio di venire davanti alla casa di Gargamella. O al posto in cui Gargamella lavora, che e' (appunto) un luogo in cui gli ebrei sono maggioranza. 

Anzi, ci sono pure degli ebrei che si occupano di sicurezza. E piuttosto indifferenti alla formula: "guardate che io non posso essere antisemita, perche' sono di sinistra", alla quale in Italia c'e' chi tende a attribuire qualche potere magico. Come se l'essere di sinistra mettesse al riparo dal coltivare pregiudizi assorbiti, per esempio, nel corso di qualche upbringing del genere di quello che ha ricevuto l'Arrigoni. 

Mettetevi quindi nei panni del povero Puffo, ed immaginate il terrore quando pensa che il suo scongiuro preferito potrebbe non funzionare.