domenica 31 marzo 2013

Moni, stattene zitto

"Moni Ovadia sulla morte di Jannaci: e' come se fosse scomparsa tutta Milano" 


Quando ho sentito della morte di Jannacci ho cercato delle sue canzoni da condividere su facebook e mi sono reso conto che la morte era spesso presente nelle sue canzoni. In maniera irridente, tragica o sarcastica. 

 "Quelli che vogliono arruolarsi nelle SS ma non hanno il fisico e allora non possono darci la divisa, e allora fanno i corsi di sopravvivenza, e muoiono tutti. Purtroppo quasi tutti" 
Sei minuti all'alba, che e' l'alba prima della fucilazione. Quello che canta onliu' e che arriva in fondo alla strada.
"Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale.." E cosi' via. 
Ho tutti i dischi di Jannacci, mi ha tenuto compagnia un sacco di volte molte volte, e di questa faccenda della morte mi rendo conto solo ora. Che, appunto, e' morto.
Quando devo spiegare agli amici inglesi e americani di chi si tratta, dico che e' stato una specie di Tom Waits milanese. Milano e' infatti una citta' in cui si muore. Pure se la Milano di Jannacci ha avuto una delle malavite piu' cavalleresche di Italia, che non usava mai la rivoltella, e le cui gesta lui ha cantato a modo suo. A Milano si muore di infortuni sul lavoro, di malattia, di solitudine, con le scarpe da tennis ai piedi, anche se era il primo della via.
Jannacci reagiva alla morte, che a Milano e' cosi' presente, con una vitalita' disperata. Perche' l'importante e' esagerare. 
Moni Ovadia, invece, da vent'anni si e' inventato il ruolo di misurato portavoce degli ebrei morti, e specula politicamente su quelle morti, inventandosi delle Shoah sempre dietro l'angolo (contro i musulmani e/o contro i palestinesi). Che poi stanno solo nella sua fantasia. Mentre invece quando Jannacci cantava dello sfigato che butta nel canale quello stronzo dell'Armando era ed e' molto piu' vero e reale.
Pertanto fammi un favore, Moni Ovadia, fallo a tutti quelli che hanno amato Jannacci. Piantala di parlare di morti. Statti zitto, che ci fai una figura migliore. 

martedì 26 marzo 2013

Io amo Mondoweiss, lo hub degli antisionisti, cioe' critici di Israele, cioe' critici della troppa presenza ebraica nei media e nella politica USA. Lo amo perche', ogni volta che lo leggo, trovo delle perle comiche di eccezionale valore. Ma anche i punti basilari della loro fede, che loro ripetono ad ogni tornata, sono spassosi, particolarmente quando si spetasciano contro una roba cattiva che si chiama realta'.
Il principale nemico degli autori di Mondoweiss sono i sionisti di sinistra, quelli che credono sia possibile arrivare presto a realizzare il progetto "due popoli due Stati". Quelli di Mondoweiss dicono che il vero e sincero democratico dovrebbe volere uno Stato unico, a maggioranza araba, con gli ebrei disarmati a beneficiare della secolare tolleranza islamica, rafforzata dai decenni di militanza pro-sovietica in cui e' cresciuta la generazione di Abu Mazen. Per essere sicuri che tale maggioranza araba sia massiccia, loro ritengono che tutti gli autoproclamati discendenti di sedicenti profughi pretesi palestinesi debbano trasferirisi in Israele e sfrattare gli ebrei. 
Tanto per chiarire: i curatori di Mondoweiss sono due ebrei americani, tutti e due hanno sposato persone non ebree, ambedue evitano di educare i figli all'ebraismo, ed insomma sono due ebrei che hanno l'ebraismo a schifo, il che e' del tutto legittimo. Il fatto e' che trasferiscono questi loro problemi personali sulla sfera politica, nel tentativo evidente di risultare graditi ed accettati (ovvero non piu' considerati ebrei) presso familiari e amici delle rispettive consorti. 
Si da' pero' il caso che gli ebrei americano sono in gran parte persone normali, per cui Israele non e' un simbolo, ma uno Stato con i problemi di tutti gli Stati, e non vedono alcuna ragione per cui debba essere smantellato per trasformarsi in non si capisce cosa. L'unica cosa che si capisce e' che tale progetto di trasformazione penalizzera' gli ebrei di quelle parti, e quelli del resto del mondo. Quindi la posizione di Mondoweiss e' minoritaria, e gli autori lo sanno ma sono convinti che masse di benintenzionati potranno essere persuasi di quanto sia buono e giusto ridurre gli ebrei a minoranza in casa loro, se solo si leva (toh, guarda caso) il controllo ebraico dai media. 
Ah, e uno dei curatori di Mondowess e' un giornalista che ha mosso i primi passi nell'editoria grazie al fatto che familiari e amici ebrei lo hanno messo in contatto con redazioni di quotidiani. E' evidentemente convinto che quel principio di carriera fosse un errore, perche' lui e' una scarpa che se la cava malissimo con le parole, e quindi se e' riuscito a cavarsi da vivere scrivendo e' perche' e' un privilegiato. Non e' che la carriera giornalistica sia finita perche', appunto, lui scrive da cani. E questi previlegi ebraici stanno uccidendo l'America e bisogna finirla e aprire una discussione sul potere della Lobby ebraica e sul come liberarsene. Che tradotto significa che lui non riesce a liberarsi della influenza che la sua famiglia ancora esercita su di lui.
 Finisce l'era Bush, inizia quella Obama. Sulle faccende che a quelli di Mondoweiss stanno cosi a cuore, Obama e la su amministrazione non hanno delle idee poi cosi' diverse da quelle di Bush. Anche perche' la realta' non e' che un nuovo presidente ti possa aiutare a far pace con il resto del mondo. E' piu' un problema tuo, che dovresti accettare come va il mondo, e nel mondo ci stanno anche i politici arabi che non hanno alcun interesse a riconoscere Israele. Obama fa un gran parlare di due popoli due Stati, i leader arabi rispondono vattene a fare in culo, negro di merda, noi vogliamo comunque distruggere Israele. 
Poi Obama viene rieletto. 
E allora quelli di Mondoweiss entrano in fibrillazione, si dicono certi che, ormai privo di gratitudine verso la Lobby, il POTUS avrebbe finalmente messo in riga Netanyahu ["non chiamatelo Bibi! Non usate vezzeggiativi con i criminali di guerra" (1); che tradotto significa: "quello non e' mio parente, io sono bravo e buono"] Nulla perviene in questo senso, ed eccoli per reazioni fantasticare che, con il prossimo viaggio in Israele ("e Palestina!") le masse arabe si sarebbero galvanizzate e un enorme movimento di massa avrebbe posto fine all'occupazione e all'apartheid, non avete visto che Obama apre all'ipotesi di uno Stato unico (in effetti no, io mica lo ho visto, ma loro ci hanno fede e la fede fa miracoli). 
Iniziano poi a filtrare i dettagli del viaggio pianificato: cosucce tipo il presidente andra' a dire ai due popoli le stesse cose, con in piu' la considerazione che Israele ha diritto a non ricevere missili sulla testa. Non c'e' nulla dei sogni mono-nazionali, eppero' quelli di Mondoweiss si dedicano a fare il conto di quanto sono pochi e vecchi i democratici ebrei del Nebraska, e quindi i giovani ebrei non sono piu' interessati ad appoggiare Israele (non cercate il nesso logico, non c'e'). E quindi ne consegue che Obama finalmente voltera' pagina e cessera' il supporto acritico degli USA verso Israele che rende cosi' imbarazzante per i giovani ebrei americani (e cioe' solo per i due autori ebrei di Mondoweiss) fare amiciza con i coetanei arabi. 
Giunge finalmente il fatidico viaggio presidenziale. Voi magari non ve ne siete accorti, perche' (giustamente) nel resto del mondo succede roba piu' seria, ma quelli di Mondoweiss erano li pronti as aspettare il fatidico momento, lungamente annunciato, in cui Obama avrebbe detto alla folla di Ramallah "E alla Lobby ebraica dico fuck you, guys, ora Palestinian rules, Assalaam aleikhum!!!" 
Obama quindi sbarca in Israele, saluta in ebraico, parla del legame indistruttibile tra USA ed Israele, si lancia in descrizioni del legame tra ebrei e terra di Israele, parla di Israele unica democrazia del Medio Oriente, di Stato ebraico che deve essere riconosciuto dal mondo intero (si', anche dagli arabi) come appunto Patria del popolo ebraico, altrimenti nessuna pace sara' possibile e non menziona una sola volta la ineluttabile imprescindibile e necessaria divisione di Gerusalemme. 
Non una parola sullo Stato unico inevitabile, menzione vaga di una prossima affermazione del principio due popoli due Stati, se e solo se gli arabi accetteranno il diritto degli ebrei ad uno Stato e la natura ebraica di Israele. 
In due parole: Epic fail. 
Batostati su tutta la linea, quelli di Mondoweiss si rifanno intervistando un analista palestinese [vale a dire un individuo pagato dal governo siriano per fare lobbysmo negli USA] il quale tutto ad un tratto scopre che certo, la natura ebraica di Israele non e' un problema, che certo si puo' parlare con i sionisti ragionevoli (che di Mondoweiss sono i principali nemici, vedi sopra) e che insomma non c'e' niente di male nel principio due popoli due Stati, basta accettarlo e poi si puo negoziare sul resto. 
Tu guarda come diventano ragionevoli, leader ed analisti arabi, ogni volta che prendono una legnata. 
 E tu guarda come i sostenitori dei palestinesi si fanno prendere la mano da retorica magniloquente (e genocida) ogni qual volta si immaginano ci sia stata una apertura verso i loro deliri. 
Qualcuno si stupisce?

lunedì 25 marzo 2013


Anche quest'anno non manca chi giocherella con i simboli di Pesach. 

Cosi' abbiamo proposte di mettere olive sul piatto, per ricordare ai presenti la volonta' di pace dei palestinesi. Che se non la ricordiamo noi, loro se la dimenticano.

O il volo pindarico di J Street, pubblicizzato con la solita grancassa ben finanziata. Propongono di ricordare la storia di Nachson ben Aminadav, il primo a attraversare il Mar Rosso, paragonano l'eroe della storia a ... esatto, loro stessi, che soli avrebbero il coraggio di parlare di due popoli due Stati. (wow, roba che non ci arrivava nessuno). 
E tutti gli altri, si sa, son cattivi, particolarmente se ebrei. 


Rabbi David J Meyer (da Marblehead) ha trovato nella Mechilta quella che io credo sia una risposta convincente. Ve la segnalo cosi' come la ho ricevuta: 


Why did God lead the Israelites in such a circuitous route through the wilderness to the Land of Israel? So that they would not see the results of war and lose heart (Ex 13:17). 
The reference here is to the bones of the tribe of Ephraim, who, due to a combination of hubris and optimism, badly misread the political landscape (avru al ha-ketz), and were slaughtered by the Philistines. 

martedì 19 marzo 2013

di chi sta parlando

"Alla fine non è così difficile capire perché ce l'hanno con lei. È sola. Rappresenta un progressismo cattolico ormai scomparso dalle parrocchie. Gli altri cattolici non la riconoscono quasi più tale. I non cattolici non capiscono che senso abbia discutere con lei. Probabilmente non ha davvero più senso, è rimasta isolata, in ostaggio di progressisti che a loro volta sono circondati da reazionari. La gente questa cosa non la capisce, la gente la fiuta. Sente l'odore della preda facile, si eccita e accorre in frotta. Siamo fatti così, nasciamo così e a quanto pare abbiamo il diritto di comportarci così." Leonardo Tondelli, qui

Sta parlando di Rosi Bindi. Davvero. E voi che ce la avete con la Bindi siete cattivi e dovete pentirvi, bestioni che non siete altro.

Badate bene che il Tondelli non passa sotto silenzio le posizioni della Bindi in materia di diritti delle coppie di omosessuali e di lesbiche. Ma proprio per nulla, ci dedica anzi l'intero post. Per difendere (usa cosi') il suo diritto di sostenerle, che lo sappiamo tutti vige una specie di psico-polizia in Italia, che se appena metti in discussione lo stato di vittime di ebrei, atei, gay, omosessuali e radicali succede che vieni emarginato e ti arrivano in classe gli ispettori. Quindi -poverina- la Bindi va difesa.

Vai poi a sapere se il Tondelli condivide le posizioni della Chiesa (aka: quelle che lui crede siano le posizioni della Chiesa) sulla complessa materia. Questo non si sa. Si sa che per lui e' pericoloso sostenerle in pubblico.  E che per lui sono posizioni di cattolicesimo progressista. "Di un certo tipo", beninteso.




lunedì 18 marzo 2013

also spracht Bidustra - 05

A proposito delle polemiche che corrono nella stampa ebraica, un mio amico, [mi ha detto mio cuggino che] con spirito forse un po’ macabro, ma salace, mi ha detto una cosa che riporto [riporto, eh. quindi sia chiaro che la cazzata che segue non la ho scritta io]. E’ incredibile quanto fosse alto il livello dello scontro culturale, politico, caratteriale, perfino esistenziale, a Varsavia, dentro il perimetro del ghetto all’inizio della primavera 1943 [mettiamoci qui un riferimento al nazismo, che dopo la campagna elettorale ce ne ho qui che ne avanzano]: molti periodici, un numero non indifferente di quotidiani, continue riunioni politiche di gruppi in reciproco conflitto [attenzione che il conflitto e' male e non si sa come finisce], ciascun gruppo col suo periodico [una schifezza, guarda: sembra l'America, senza un comitato centrale a dettare la linea] , che ognuno voleva per sé e guai a scrivere su quello dell’altro, comunque guai a provare di intraprendere pratiche di confronto [ora ci sarebbe il fatto che a fare cosi' nel ghetto di Varsavia erano i socialisti e non i revisionisti, ma questo io mica lo scrivo]. Si sarebbe potuto pensare a un mondo vivo, a un domani carico di vitalità e soprattutto dotato di un radioso futuro, se non fosse stato per quel particolare del treno fuori dal cancello [e siccome lo ha detto mio cuggino, io posso continuare a dire che Auschwitz e' unico nella storia, mazzaquantosoffiko].

domenica 10 marzo 2013

Also spracht Bidustra - 04

"La sinistra italiana e Israele" è il tema che animerà un confronto domani sera a Milano nell’ambito del ciclo di iniziative promosse da Kesher e a cui parteciperanno  Fiamma Nirenstein, Paolo Mieli, Stefano Jesurum. Oratori di qualità, indubbiamente serata che sarà di rilievo [ma ...zzo non mi hanno invittato. Adesso mi sentono]. Ma mi chiedo: perché non costruire un appuntamento dal titolo “La destra e gli ebrei”? Una serata in cui il tema non sia che la destra è amica di Israele e la sinistra non lo è più [che sono cose che non ho voglia di sentir dire e che comunque e' meglio non raccontare troppo], ma raccontasse che cosa oggi fa convergere destra e mondo ebraico e fa sentire gli ebrei a casa nella destra [e che si eviti accuratamente di raccontare come la sinistra israeliana sia finita a braccetto con Shas]. Se prima la convergenza con la sinistra si riconosceva intorno all’idea di libertà o in quella di eguaglianza [che tradotto significa che gli ebrei sono una religione e non un popolo e non rompano quindi i coglioni con la pretesa di avere uno Stato], qual è il valore che rende oggi più attraente la destra? [Perche', diciamolo chiaramente, quando i mulini erano bianchi gli ebrei erano rossi, ora sono biancazzurri anche quando sono della Roma ed e' un gran casino] Mi piacerebbe che me lo raccontasse non qualcuno che è diventato di destra perché deluso della sinistra [che quella e' gente che non deve parlare, infatti quando ho curato la antologia sul sionismo sono stato ben attento a lasciarli fuori], ma qualcuno che all’origine [perche' quando si parla di ebraismo bisogna sempre andare a scrutinare l'origine] era di destra, anche quando non c’era il feeling di simpatia tra destra ed ebrei. Non solo, ma anche esponesse, come si confronta, stando a destra, con l’antisemitismo diffuso a destra [che io posso dare delle lezioni su come ci si confronta con quello diffuso a sinistra] e [io confrontare mi son confrontato, poi passa. Il confronto, voglio dire, passa. L'antisemitismo, quello, resta]  pur con la presenza di quel sentimento e di quella convinzione, ritiene che valga la pena stare a destra. [Ho detto loro che sono di destra, e' un insulto grave, spero proprio di averli offesi,  mo' vediamo se la prossima volta hanno la faccia tosta di non invitarmi, ecco].